martedì, settembre 25, 2012

Un nuovo modello di sviluppo

I piani di rinascita hanno cercato di disegnare una Sardegna industriale e di creare una classe operaia che permettesse di superare la società agro-pastorale, vista come sottosviluppata e culla di comportamenti antitetici alla legalità portata dallo stato nazionale italiano. Dopo anni di interventi un primo risultato è stato ottenuto: quella società non è più autosufficiente, sono diventati abituali i modelli di consumo delle società evolute, compreso il consumo di stupefacenti, la società pastorale è uscita dalla sua autosufficienza (era povera, certo, ma in grado di provvedere ai suoi bisogni elementari). La società sarda attuale, che è diventata dipendente dai trasferimenti dallo stato italiano, è debole, incapace di risolvere i suoi problemi, succube ai poteri d'oltremare. Sardinia colunia! Che si concretizza anche con la perdita della lingua, via via sostituita dall'italiano regionale sardo (R. Bolognesi, Sardegna fra tante lingue). Come riprendere una propria indipendenza, se non si è in grado di realizzare una economia autonoma ed autopropulsiva? Come sfuggire ad un destino di emigrazione o di sottosviluppo? In primo luogo occorre riflettere sul patrimonio rappresentato dalle terre e dai paesi agricoli, che oggi vengono abbandonati. Dalla cultura contadina, dai sapori garantiti dalle specie vegetali coltivate e da quelle animali allevate da tanti anni nelle nostre campagne. Quegli ingredienti che hanno costituito la base dei sapori della cucina tradizionale che, sapientemente riutilizzati, potranno costituire la spina dorsale di una offerta diversa e caratteristica. Perché, se vogliamo pensare al turismo come asse portante dell'economia della nostra regione, dobbiamo costruire un sistema che, assieme all'alloggio, offra diverse occasioni per realizzare valore aggiunto: la filiera alimentare, l'artigianato, il commercio di qualità, i servizi alla persona. E tuttavia la coltivazione di quelle specie, l'allevamento di quelle razze, non può essere sostituito dall'importazione di derrate provenienti da altri paesi: e se questo fosse possibile significherebbe che l'unicità, la tipicità, non esiste, è fasulla, è riproducibile. Quindi occorre riprendere a coltivare la terra, ripopolare i paesi, ravvivare le tradizioni agricole. Raccogliendo la tradizione, innovando, sperimentando. Ma soprattutto lavorando la terra. Per cui occorrono persone. Che vogliano abitare nei nostri paesi, che oggi si spopolano. Occorre allora una politica attiva dell'immigrazione. Basata sul rispetto. Sui diritti. Sulla collaborazione. Sulla capacità di comprendere le reciproche diversità e superarle per raggiungere un comune obiettivo di crescita e prosperità. La Sardegna è sottopopolata. Ha bisogno di immigrati. Qualificati. In diversi campi. Persone che intendano abitarla, stabilirsi sul suo territorio. Scambiare cultura con i locali. Per una crescita comune. In parità , in paris.