domenica, maggio 22, 2016

CAGLIARIDAMARE

La sfida è quella di ripopolare Cagliari!
Dopo tanto tempo in cui le scelte urbanistiche ed architettoniche hanno portato a costruire quartieri poco adatti alle esigenze della famiglie, occorrono politiche che permettano e favoriscano la trasformazione di questi spazi.
Le famiglie vivono in modo diverso da cinquant'anni fa: molte case sono poco adatte allo stile di vita attuale e sono costose da riscaldare e rinfrescare!
Non ci sono più, nei nostri quartieri, spazi comuni, perché i pochi spazi disponibili sono occupati dalle auto; con l'allontanarsi di tante famiglie chiudono i servizi ed i negozi di quartiere, rendendo sempre più difficile la vite nei rioni del centro!
Vogliamo riportare le famiglie a Cagliari, rendendola accogliente e dotandola di servizi.
Per questo è necessario che il Comune mandi avanti la politica di recupero di edifici pubblici non più utilizzati per realizzare piccoli appartamenti da mettere a disposizione di coppie giovani e per realizzare coabitazioni fra persone anziane, che hanno necessità di aiuto e giovani studenti che cercano un alloggio economico.
Ripopolare il centro significa restituire possibilità di lavoro per il commercio ed i servizi alla persona, creando quindi occasioni di lavoro!
Le opere realizzate in questi anni, che hanno riguardato le strade, le piazze e l'aspetto dei quartieri sono la necessaria premessa per l'auspicata riqualificazione dei quartieri: la viabilità resa più scorrevole, gli investimenti nel trasporto pubblico, la maggiore disponibilità di piste ciclabili rendono i quartieri più “a misura d'uomo”.
Un progetto di città perseguito dalla giunta di centrosinistra guidata da Massimo Zedda, che merita la riconferma per i prossimi cinque anni!

‪#‎CAGLIARIDAMARE‬

mercoledì, dicembre 10, 2014

Democrazia ed antipolitica

L’astensionismo, come il voto di protesta, specie se diretto verso formazioni ‘antisistema’, trova una sua spiegazione nella costatazione che le formazioni politiche di governo, ma anche quelle all’opposizione, ma con concrete possibilità di tornare al governo (o parteciparvi: da qualche anno il confine tra governo ed opposizione non è tanto chiaro), non fanno gli interessi degli elettori, dei cittadini che contribuiscono alle spese dello stato pagando le tasse, ma sono invece assai sensibili alle richieste che provengono dai gruppi industriali, dal credito, dalle lobbies organizzate.

Secondo questa logica il voto è inutile: qualunque partito, al governo, non farebbe gli interessi del corpo elettorale, dunque perché votare, a meno che non appaia un competitore che si presenti con una logica di rottura: Ukip, la Lega delle origini, il M5S, almeno fino a che non cominciano ad ammorbidirsi.

Quindi la giustificazione spesso utilizzata (i commentatori che sostengono che la gente non ha votato perché non crede nelle Province o nelle Regioni) non regge. La forza di Renzi è consistita, finora, nel presentarsi come il campione dell’antipolitica (anche se sembra paradossale) ed ha riscosso consenso finché ha dichiarato di voler distruggere la classe dirigente precedente.

Ma la distruzione delle istituzioni, locali e nazionali, non significa affatto l’abbattimento della classe dirigente a cui, abbastanza comprensibilmente, si attribuisce la rovina del Paese.

Paradossalmente, invece, con l’abolizione di alcune assemblee elettive si sta realizzando una situazione in cui la classe dirigente non eletta rafforzerà la propria posizione, diventando pressoché inamovibile.

sabato, agosto 09, 2014

2014 - fuga del lavoro

Da tempo dalla Sardegna stanno andando via tanti lavori qualificati, per via della desertificazione industriale ed economica conseguente alla cessazione delle politiche di sviluppo. A parte la ingiustificata uscita dall'Obiettivo 1 europeo, contro la quale non ci siomo saputi opporre, non abbiamo avuto la capacità di mantenere e fare crescere le attività che fino ad allora avevano sede in Sardegna. In ultmo anche il sistema creditizio sta marginalizzando l'Isola. La posizione sempre meno influente del Banco di Sardegna, il trasferimento della sede legale di Sardaleasing, la fine della storia del Credito Industriale Sardo, epilogo sancito dalla incorporazione del marchio Banca di Credito Sardo in Banca Intesa San Paolo sono gli ultimi episodi. Sempre meno possibilità di trovare lavoro qualificato i Sardegna per i laureati sardi. Nuova e vecchia emigrazione porteranno ulteriore declino. La Giunta ed il Consiglio Regionale hanno qualcosa da proporre?

martedì, settembre 25, 2012

Un nuovo modello di sviluppo

I piani di rinascita hanno cercato di disegnare una Sardegna industriale e di creare una classe operaia che permettesse di superare la società agro-pastorale, vista come sottosviluppata e culla di comportamenti antitetici alla legalità portata dallo stato nazionale italiano. Dopo anni di interventi un primo risultato è stato ottenuto: quella società non è più autosufficiente, sono diventati abituali i modelli di consumo delle società evolute, compreso il consumo di stupefacenti, la società pastorale è uscita dalla sua autosufficienza (era povera, certo, ma in grado di provvedere ai suoi bisogni elementari). La società sarda attuale, che è diventata dipendente dai trasferimenti dallo stato italiano, è debole, incapace di risolvere i suoi problemi, succube ai poteri d'oltremare. Sardinia colunia! Che si concretizza anche con la perdita della lingua, via via sostituita dall'italiano regionale sardo (R. Bolognesi, Sardegna fra tante lingue). Come riprendere una propria indipendenza, se non si è in grado di realizzare una economia autonoma ed autopropulsiva? Come sfuggire ad un destino di emigrazione o di sottosviluppo? In primo luogo occorre riflettere sul patrimonio rappresentato dalle terre e dai paesi agricoli, che oggi vengono abbandonati. Dalla cultura contadina, dai sapori garantiti dalle specie vegetali coltivate e da quelle animali allevate da tanti anni nelle nostre campagne. Quegli ingredienti che hanno costituito la base dei sapori della cucina tradizionale che, sapientemente riutilizzati, potranno costituire la spina dorsale di una offerta diversa e caratteristica. Perché, se vogliamo pensare al turismo come asse portante dell'economia della nostra regione, dobbiamo costruire un sistema che, assieme all'alloggio, offra diverse occasioni per realizzare valore aggiunto: la filiera alimentare, l'artigianato, il commercio di qualità, i servizi alla persona. E tuttavia la coltivazione di quelle specie, l'allevamento di quelle razze, non può essere sostituito dall'importazione di derrate provenienti da altri paesi: e se questo fosse possibile significherebbe che l'unicità, la tipicità, non esiste, è fasulla, è riproducibile. Quindi occorre riprendere a coltivare la terra, ripopolare i paesi, ravvivare le tradizioni agricole. Raccogliendo la tradizione, innovando, sperimentando. Ma soprattutto lavorando la terra. Per cui occorrono persone. Che vogliano abitare nei nostri paesi, che oggi si spopolano. Occorre allora una politica attiva dell'immigrazione. Basata sul rispetto. Sui diritti. Sulla collaborazione. Sulla capacità di comprendere le reciproche diversità e superarle per raggiungere un comune obiettivo di crescita e prosperità. La Sardegna è sottopopolata. Ha bisogno di immigrati. Qualificati. In diversi campi. Persone che intendano abitarla, stabilirsi sul suo territorio. Scambiare cultura con i locali. Per una crescita comune. In parità , in paris.

lunedì, settembre 24, 2012

Il Piano Strategico Intercomunale per l'area vasta di Cagliari (intervento in Consiglio Provinciale di Enzo Strazzera)

Stamattina (24 settembre 2012) in Provincia è stato approvato il Piano Strategico Intercomunale per l'Area Vasta di Cagliari, tramite il quale verranno finanziati progetti per i Comuni interessati attingendo a fondi europei. Fra questi le linee di metropolitana leggera, il Campus Universitario di Cagliari, progetti relativi alla produzione di energia rinnovabile. Il piano, tuttavia, è piuttosto 'invecchiato' perché la passata amministrazione di Cagliari, che non condivideva alcune scelte, prima fra tutte quella relativa alla metropolitana di superficie, non ha permesso di concludere il processo di programmazione in tempi brevi. In particolare, come ho sottolineato in Aula, oggi è necessario restituire alla città di Cagliari la funzione di area di residenza, anche riqualificando e ridisegnando quartieri che sono stati costruiti alcuni decenni fa pensando ad una funzione commerciale e di servizi, ma che oggi sono sottoutilizzati; la prossima programmazione non potrà prescindere dal fatto che l'area vasta è in profonda trasformazione, specialmente per quel che riguarda le prospettive economiche. Cagliari, sempre sfiorata dal flusso turistico (solo di passaggio) oggi sta cominciando ad attrarre visitatori, occorre quindi dare un diverso assetto ai servizi cittadini e dell'area circostante che tenga conto di queste mutazioni. E Cagliari deve tornare ad attrarre residenti, offrendo quartieri disegnati per vivere ed abitare, non tagliati su misura di costruttori e speculatori. Da questo punto di vista vedo con interesse l'idea di offrire residenzialità agli studenti nei quartieri storici della città di Cagliari e di istituire un'area di campus diffuso, su cui peraltro vanno approfondite le modalità di realizzazione. Importante, inoltre, la scelta di portare sul trasporto pubblico locale il traffico pendolare tra Quartu Sant'Elena e Cagliari, che oggi grava sul sistema degli stagni: Viale Marconi ed il Poetto.

martedì, gennaio 31, 2012

L'Italia senza province? (Intervento di E. Strazzera nel Consiglio Provinciale di Cagliari, 30 gennaio 2012)

L'occasione di questo Consiglio aperto ci permette di parlare non tanto e non solo del futuro dell'istituzione delle Province, ma di scelte che riguardano la nostra democrazia e l'assetto istituzionale della Repubblica.
1) Per inquadrare correttamente il problema occorre, infatti, spostare l'attenzione dalla scelta relativa al mantenimento del livello provinciale a quella del tipo di democrazia che desideriamo: centralista, con un forte ruolo dell'apparato burocratico amministrativo, o decentrata, con una forte enfasi del concetto di rappresentanza locale.
2) Ritengo inoltre necessario, perché la democrazia funzioni, semplificare i modelli elettorali vigenti, in modo da riaffezionare i cittadini alla vita politica, evitando di utilizzare modelli diversi per ogni tipo di elezione e tenendo conto della necessità di scegliere – potere decidere chi votare – i propri rappresentanti secondo un modello fondato sul legame col territorio, piuttosto che sulla vicinanza a lobbies o gruppi di interesse.
3) E' opportuno rafforzare il concetto di rappresentanza, in contrasto con una tendenza che da diversi anni ha portato, in nome della governabilità, peraltro forse mai ottenuta, a concentrare sempre più poteri e prerogative sulla figura della carica monocratica, sindaco, presidente di regione o provincia, o presidente del consiglio dei ministri. In definitiva auspico meno presidenzialismo e più controllo da parte degli organismi elettivi.
4) La situazione attuale, di crisi economica, ma anche morale, impone una particolare attenzione ai costi della democrazia, con una rivisitazione di tutti i centri di spesa legati al finanziamento degli organi istituzionali, ispirati ad una maggiore funzionalità e sobrietà, ma senza deprimerne le funzioni.
5) Parallelamente occorre realizzare una riflessione approfondita sui servizi locali, anche alla luce del risultato del referendum sull'acqua, che ha indicato una forte volontà popolare di evitare la privatizzazione dei servizi essenziali. Inoltre occorre considerare che l'accesso a questi servizi (acqua, energia, trasporti, sanità, istruzione, ad esempio) è un diritto di cittadinanza, per cui a ciascuno deve essere garantito un livello minimo di erogazione del servizio. Pertanto l'eventuale affidamento di servizi pubblici a soggetti privati deve tenere conto di questa necessità, che non può essere subordinata alla redditività aziendale.
6) Ritengo quindi, sulla base delle considerazioni precedenti, che sia necessaria una scelta convinta del principio di decentramento, in ossequio al concetto di sussidiarietà che ispira la normativa europea, che impone di portare le decisioni al livello di governo più vicino al cittadino. Scelta che, più di dieci anni fa, ha ispirato le modifiche, in senso federalista, al titolo V della Costituzione. Viceversa il comportamento, sia da parte del governo centrale che delle amministrazioni regionali, è stato teso, specie negli ultimi anni, a riaccentrare la gestione della cosa pubblica, a creare costose ed inefficaci autorità (autorithy) ed agenzie, ad evitare il trasferimento di funzioni e risorse, a scapito della qualità del servizio reso ai cittadini, dei costi, della trasparenza e della democrazia.

In conclusione è tempo che la politica riprenda a far sentire la sua voce, tenendo conto delle esigenze economiche, ma senza farsi dettare l'agenda dall'esterno; e comunque, qualunque sia la scelta che il Parlamento deciderà di adottare, occorre che sia fatto salvo il diritto inalienabile di ciascun territorio, di ciascun cittadino che paga le tasse, ad essere rappresentato, a poter scegliere i propri governanti, a poter avere livelli decisionali accessibili e controllabili e poter ricevere sul proprio territorio i servizi di cui ha diritto, sia che abiti in una grande città, sia che viva in un paese lontano dai grandi agglomerati urbani, perché la via d'uscita da questa crisi sta nella capacità di raccogliere risorse ed impiegarle sul territorio, restituendo ai cittadini lavoro, dignità e prosperità.

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sabato, luglio 16, 2011

Ripensare il Poetto

Cagliari deve recuperare il rapporto con il suo mare.
Non solo manca un vero lungomare su cui corre una passeggiata (problema non risolto dalla 'passerella') sul lato del porto e sul litorale di Sant'Elia, ma anche il fronte del Poetto è reso indisponibile dalla barriera creata da stabilimenti balneari, baretti e costruzioni.
La nuova Cagliari deve aprirsi al mare, per farne una vera attrattiva ed una vera occasione di rilancio per l'economia, modificando questa situazione.
In primo luogo occorre modificare l'assetto della principale via di accesso al mare: viale Poetto. Quando fu allargato, con l'eliminazione della tramvia, fu concepito come una strada ad alta portata di traffico che avrebbe dovuto avvicinare la spiaggia alla città, con una percorrenza di pochi minuti d'automobile. Solo una via di comunicazione, dunque. Nel frattempo la città si è allargata e attorno a viale Poetto è sorto un quartiere residenziale ed il viale è diventato una via cittadina. O, meglio, potrebbe esserlo, se venisse dotato di marciapiedi (in alcuni punti l'attuale marciapiede è impraticabile), se venisse data altra destinazione alle aree militari, se diventasse una via commerciale elegante, una 'porta' verso il mare. Perché si possa raggiungere questo obiettivo è necessario ripensare la viabilità verso la spiaggia: penso ad un Poetto pedonalizzato, da raggiungere con mezzi pubblici, a partire da due aree di scambio da sistemare a Cagliari (parcheggio stadio S. Elia) ed a Quartu (parcheggio Is Arenas). Occorre ridurre il traffico pendolare da e per Quartu e modificare la viabilità istituendo un senso unico verso il mare, reso possibile dall'apertura della strada che attraversa l'area militare e sbocca su viale Calamosca.
Contemporaneamente occorre restituire la vista sul mare alla prima parte del lungomare Poetto, modificando l'assetto degli stabilimenti Lido e D'Aquila, costruiti diverse decine di anni fa, con un concetto d'uso della spiaggia ormai ampiamente superato.
Il lungomare, pedonalizzato e dotato di vista sul litorale, già oggi utilizzato per attività sportive da podisti, ciclisti, pattinatori, diventerebbe più sicuro ed attraente, e potrebbe ospitare attività di ristoro o commerciali, di qualità.
Il passaggio dei mezzi pubblici dovrebbe essere spostato sulla via secondaria del lungosaline, previa riduzione od eliminazione dei parcheggi a spina di pesce attualmente presenti; la pavimentazione della via lungomare dovrebbe essere rifatta tenendo conto dell'uso pedonale e della vicinanza con la spiaggia.
E' necessario, in questa ottica, pensare ad un progetto quadro che definisca la tipologia e l'estetica delle attività che andranno ad insistere sul margine adiacente alla spiaggia. Ritengo che la soluzione possa essere trovata attraverso un concorso internazionale di idee, che avrebbe inoltre la funzione di dare notorietà alla città ed alle sue attrattive.
Va inoltre tenuto conto della vicinanza con l'area protetta di Molentargius, a conferma della delicatezza dei luoghi e della cautela che deve essere posta nell'intervenire su un'area già troppo compromessa, che occorre, per quanto possibile, rinaturalizzare.

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